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9/11 TERRORISMO ISLAMICO? Il caso della lapide di Owego


Le battaglie, prima che sul campo, si perdono nella testa. E’ uno dei principi su cui si basa la “guerra psicologica”. Dai tempi del dono del leggendario cavallo ( che indusse in un tragico errore gli assediati di Troia), la storia è piena di esempi di come questo tipo di guerra è altrettanto reale e efficace di quella cruenta.

“Quando i terroristi islamici non sono islamici terroristi?” si è chiesto FrontPage magazine la scorsa settimana, dopo che negli Stati Uniti si sono scatenate polemiche, riprese da Fox News, per le proteste di un nutrito gruppo di mussulmani di New York , che non volevano che venga usata l’affermazione secondo la quale l’11 settembre 2001, “diciannove ‘terroristi islamici’ hanno compiuto una serie di attacchi coordinati contro gli Stati Uniti”.

La frase è scolpita su una lapide che è stata scoperta a Owego, una piccola città vicino a New York, sabato10 settembre, per onorare le vittime dell’attentato, di cui pggi domenica ricorre il quindicesimo anniversario. A Owego infatti abitava Derek Statkevicus che lavorava all’ottantanovesimo piano della seconda delle Torri, ed è uno dei tremila morti di Ground Zero.

L’Organizzazione islamica del Southern Tier di New York teme che si faccia di tutt’erba un fascio. Ma Robert Spencer su Frontpage si è chiesto se parlare di mafia italiana equivalga a dire che tutti gli italiani sono mafiosi oppure se parlare di nazismo tedesco implichi che tutti i tedeschi sono nazisti. Si tratta – conclude Spencer - piuttosto di un tentativo di sviare l’attenzione dall’ideologia degli attentatori dell’11 settembre. La stessa cosa è accaduta, per bocca dell’imam di Masjid Manhattan nell’aprile 2014 contro la proiezione di un film di 17 minuti sulla nascita di Al Quaeda al Memorial Museum di New York .

Il sindaco di Owedo, Donald Castellucci, comunque, ha dichiarato subito che non avrebbe cancellato l’espressione “terroristi islamici” dalla lapide, perché si tratta di “un fatto”. Punto e basta. "Non è niente di più che un evento specifico, in un giorno specifico, in un tempo specifico e con individui specifici. Non è un'accusa generalizzata nei confronti di nessuno".

La stessa preoccupazione di “ non fare di ogni erba un fascio”, è sottesa all’ iniziativa di invitare i cristiani nelle Moschee, rilanciata dall’Osservatore romano. «Più di mille» le comunità musulmane ad aver aderito all’iniziativa «Cristiani in moschea» lanciata nelle settimane scorse dalla Comunità del mondo arabo in Italia (Co-mai) e dal movimento internazionale transculturale e interprofessionale «Uniti per unire”, scrive OR . A ben vedere si tratta di una proposta minoritaria. La Grande Moschea di Roma non ha aderito, così come non lo ha fatto quando si è trattato di onorare la memoria nelle Chiese cattoliche del vecchio prete francese sgozzato in Normandia.

Qui, però, in realtà si fa un passo ulteriore rispetto ad Owedo. Cattolici e cristiani sono loro a dover dimostrare in Moschea la solidarietà ai mussulmani, proprio in occasione dell’anniversario dell’attentato. Che significa? Cristiani coinvolti in una nuova forma di negazionismo ?

Negare quanto è avvenuto nel passato non aiuterà ad affrontare il futuro. La storia sta andando da un’altra parte. Nel Regno Unito, i responsabili dell’antiterrorismo sono in massima allerta: i parroci anglicani sono stati messi in guardia dall’indossare pubblicamente il collarino da prete, e sollecitati a non rimanere mai soli nelle chiese (l’ha riportato il Guardian), misura praticamente impossibile da mettere in pratica in gran parte del paese per scarsità di personale e di risorse.

E due nuovi video di propaganda dell’Isis pubblicati da The Globalist mostrano sullo sfondo immagini della Cupola di San Pietro in Vaticano e della Basilica della Sagrada Familia di Barcellona ( video che vengono valutati dall’ intelligence come segnali in codice per nuovi attacchi in Europa).

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