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MORO E LA PALAZZINA DELLO IOR


Per ora è un’ipotesi investigativa, ma piuttosto corposa, non più solo un’ipotesi di lavoro, e di conseguenza, la dinamica del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro sembrano sempre più da riscrivere. Due palazzine dello IOR di via Massimi 91, alla Balduina (una zona residenziale a nord ovest della Capitale, ndr), potrebbero essere state usate almeno per i primi dieci giorni del sequestro, come base logistica o addirittura come “prigione del popolo” per la detenzione dello statista democristiano.

La Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Giuseppe Fioroni ha inviato atti e testimonianze frutto di un anno di accertamenti alla Procura e alla Procura generale di Roma e sono in corso nuove indagini. Perché ai tempi del sequestro delle BR i controlli delle forze dell’ordine in quella zona si fermarono proprio davanti al complesso residenziale costruito dalla cosiddetta banca vaticana tra il 1965 e il 1970 e di cui l’Istituto per le opere di religione è rimasto proprietario fino a dieci anni fa (2006), quando il comprensorio finì nella maxivendita degli immobili IOR per cui gli amministratori sono stati messi sotto inchiesta per peculato dal Procuratore vaticano.

“La Commissione ha indagato con particolare impegno sulla tematica della presenza di un possibile covo brigatista nell’area della Balduina”, si legge nella seconda Relazione della Commissione approvata nella serata di martedì 20 dicembre e illustrata in una conferenza stampa a palazzo San Macuto.

Si tratta di uno sviluppo clamoroso che segue quanto già esposto nella Relazione 2015 relativamente alla dinamica dell’agguato di via Fani e dell’abbandono di un’auto dei brigatisti, la 128 blu targata Roma L55580, in via Licinio Calvo, dove venne ritrovata mezzora dopo la mezzanotte del sabato successivo al rapimento, il 19 marzo 1978.

Il fatto che tutte e tre le auto servite per la fuga furono lasciate in tre diversi momenti, a distanza di tempo l’una dall’altra, in una zona limitrofa a via Fani, già dall’inizio venne considerata dagli investigatori segno evidente di grande padronanza del territorio di cui diedero prova le BR.

Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza effettuarono ricerche nella zona (fra via Bitossi, via Licinio Calvo, via Alfredo Serranti e via Massimi) per individuare il “garage compiacente” che poteva aver ospitato innanzitutto la 128 bianca e la 128 blu. Ma non emerse nulla perché le perquisizioni si fermarono davanti all’ampio comprensorio di via Massimi 91, che pur non godendo dell’extraterritorialità in senso giuridico, venne risparmiato: fu trattato con riguardo, quasi fosse impensabile andare a guardare là dentro, tra gli affittuari della banca vaticana.

La Commissione Fioroni (che ha i poteri d’indagine dell’autorità giudiziaria), riprendendo gli accertamenti sin dall’inizio, ha svolto autonomamente i suoi riscontri, sia acquisendo documenti sia con l’acquisizione di molte testimonianze e adesso nelle pagine della nuova Relazione “tra i principali filoni di indagine sviluppati e le prime risultanze “ vengono messi sotto i riflettori i due stabili dello IOR. Con un’avvertenza importante : “Con tutti i limiti di ciò che allo stato dell’inchiesta può essere reso pubblico”. “È stato in tal modo possibile dare sostanza ad un’ipotesi, da tempo sostenuta da varie fonti, sulla presenza di una base brigatista non lontana da via Fani”, afferma la Commissione d’inchiesta.

Continua la Relazione: “Le due palazzine in questione, di proprietà dello IOR, registrano una serie di presenze significativamente legate all’area politico-ideologica in cui è maturato il sequestro dell’onorevole Moro, tra le quali quella di un soggetto straniero, la cui presenza è confermata da più testimoni; quella di un esponente dell’Autonomia operaia romana anche nel periodo del sequestro Moro; quella di almeno un militante regolare delle Brigate Rosse, con disponibilità di regolare accesso in periodo successivo al sequestro”.

“Tali presenze - aggiunge il documento - risultano peraltro insediate, con modalità che sono in corso di accertamento, in una realtà profondamente diversa in quanto il condominio era abitato, in ragione della sua proprietà, oltre che da privati, da prelati ed era sede di società estere”. Quest’ultima notazione aggiunge giallo al giallo.

Il comprensorio di via Massimi 91 è costituito, si diceva , da due palazzine, la A e la B, con molti garage che hanno accesso diretto ai vari piani, grazie ad ascensori, e un grande spazio verde con giardini e alberi ad alto fusto. La palazzina che si ipotizza possa essere quella utilizzata dalle BR è la B.

Non solo per nascondere le auto, visto che già nel novembre del 1978 in una relazione del Commissariato Monte Mario al Questore di Roma si scrisse di “un garage attraverso il quale i rapitori dell’On. Moro lo avrebbero condotto nel luogo di prigionia”.

L’appartamento-covo si sarebbe trovato all’ultimo piano, sovrastato da un terrazzo che costituisce il punto più alto di tutti gli edifici della Capitale. Dopo la vendita del 2006 gli appartamenti sono stati totalmente ristrutturati e completamente riorganizzati negli spazi interni.

(articolo pubblicato su l'Huffingtonpost.it il 21 dicembre 2016)

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