I migranti e il deserto
Dall'acqua al deserto, dal Mediterraneo alla sabbia. Sui migranti, l'Europa (dalla Francia di Macron , alla Germania della Merkel, all'Italia di Gentiloni, alla Spagna di Rajoy) a Parigi è come se avesse completamente cambiato la sua prospettiva. Non guarda più a quanto avviene nell'ultimo miglio, ma ha messo a fuoco il punto nodale del problema che è un problema epocale, dovuto alla demografia e allo squilibrio dello sviluppo economico dei paesi africani. E al tempo stesso è un problema di stabilità e di sicurezza. Perché finora questo problema lo ha gestito (così si è espresso il Presidente del Chad) "la mafia dei trafficanti" che lascia sul terreno, sulla sabbia del deserto , migliaia di morti. Invisibili, perché nel Sahara non ci sono truppe di operatori occidentali, e non ci sono neppure le Ong , che cercano di salvare i migranti dal naufragio nel Mediterraneo, i "sopravvissuti" al mare di sabbia.
Il cambio di prospettiva, implica, come ha detto il padrone di casa, Macron, la necessità di passare da un atteggiamento difensivo (delle frontiere europee) a piani d'azione nel deserto , a sostegno delle fragili entità statali del Niger e del Chad, innanzitutto, i cui presidenti erano anche loro oggi all'Eliseo, paesi confinanti a sud con la Libia, paesi di transito dei mercanti di uomini e degli oggetti , a decine di migliaia, del loro traffico.
Dopo "deserto", la parola più gettonata, è stata appunto "azione", "piano di intervento".
Declinata in modi diversi dai vari leader europei. Differenze, sottolinineature, pur nell'unità di intenti, che già fanno intravvedere possibili future criticità. Per Macron Il piano d'azione per il controllo dei flussi migratori richiederà "un'identificazione già nei Paesi di transito" attraverso «una cooperazione con i Paesi africani che "prevede anche una presenza militare sul campo".
La Merkel pone l'accento sul "sostegno concreto" ( quindi ai fondi e finanziamenti) per " chi vive in condizioni inaccettabili". Rajoy tocca un nervo scoperto. Forse facendo riferimento a evidenze di intelligence seguite all'attentato di Barcellona, sottolinea che la lotta al terrore deve essere globale, e il presidente del Ciad, Idriss Deby Itno, non si tira indietro e sostiene che "I migranti vanno ad ingrossare le fila del terrorismo".
Il modello italiano della cooperazione con la Libia (fortemente voluta da ministro dell'Interno Marco Minniti) riceve il sugello di tutta l'Europa, dopo mesi di incomprensioni. Gentiloni – nel corso della conferenza stampa finale congiunta - afferma che l'Italia non abbandonerà la sua politica di solidarietà ed accoglienza, ma sostiene che davanti a un fenomeno epocale come quello delle migrazioni dall'Africa, bisogna sostituire "al modello irregolare dei trafficanti" un modello di immigrazione regolare e legale. Ci vorrà tempo, e anche un luogo. Questo luogo non sarà più sulle nostre coste, ma direttamente in Africa. In Libia, con hotspot gestiti da OIM e UNHCR, e ancora più a sud in Chad e Niger. Dai porti al deserto.
Anche se i sindaci libici (che sabato scorso erano a Roma al Viminale) non sono entusiasti della prospettiva di avere sul proprio territorio, concentrazioni di migliaia di disperati in fuga dal Centrafrica.
All'Italia, oltre al grande riconoscimento per aver individuato una strada da percorrere per affrontare il problema, rimarrà anche la responsabilità della "gestione politica " dei rapporti interstatuali con i paesi africani.
Mentre i leader si confrontavano a Parigi, a Roma il ministro Minniti ha riunito la seconda riunione della "Cabina di Regia" dei Ministri dell'Interno di Ciad, Italia, Libia, Mali e Niger.
I Ministri hanno espresso soddisfazione per l'agenda del Vertice di Parigi che può costituire l'inizio di un nuovo rapporto tra Europa e Africa: hanno ribadito la necessità di rafforzare la capacità di controllo dei confini marittimi e terrestri attraverso l'attivazione di meccanismi a supporto della formazione e dell'operatività delle guardie di frontiera; hanno convenuto che per l'azione di contrasto al terrorismo e ai trafficanti sia indispensabile rafforzare le istituzioni statuali di ogni singolo Paese.
Hanno constatato a questo riguardo i progressi realizzati in particolare dalle autorità libiche, segnatamente dalla guardia costiera, nel salvataggio di vite umane a mare e nel contrasto ai trafficanti di esseri umani, e ribadito il sostegno all'accordo di pace tra le tribù del Sud della Libia e riaffermato l'importanza di sostenere la Libia nella creazione di una guardia di frontiera.
E soprattutto hanno chiesto di individuare (come già avvenuto per la Libia ) progetti di sviluppo e i relativi possibili canali di finanziamento, attraverso un vero e proprio organico piano di investimento che possa avvalersi anche dei fondi del Trust Fund dell'UE per l'Africa, concordando di allargare a Ciad, Niger e Mali il dialogo con le autorità municipali per favorire lo sviluppo di economie alternative.
Tutti concordano sulla necessità di un maggiore coinvolgimento di OIM e UNHCR con l'obiettivo di realizzare in Niger e Ciad e di migliorare in Libia i centri di accoglienza per migranti irregolari, coerentemente con il proprio impianto legislativo, con l'obiettivo di uniformarli agli standard umanitari internazionali e di implementare con il sostegno finanziario e tecnico dell'UE. L'Europa insomma guarda oltre il Mediterraneo, e pianta tende nel deserto.
(pubblicato su Huffpost il 28 agosto 2017)