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CONTRO LA PEDOFILIA NO A CELIBATO

Decine di migliaia di bambini australiani violentati, tra il 1980 e il 2015. La gran parte (circa il 62 per cento) da preti cattolici o in istituzioni cattoliche. 60 mila sopravvissuti con il diritto al risarcimento. 42 mila chiamate telefoniche e 25 mila tra lettere ed email ricevute. 8 mila audizioni di vittime a porte chiuse. 2.575 rapporti alle autorità (compresa la polizia). Decine di pagine coperte da omissis che la Royal Commission (la più alta forma di inchiesta prevista nell'ordinamento australiano) desidera che siano rivelate alla fine dei procedimenti penali che sono stati aperti (tra cui quello contro il cardinale George Pell). Quattro anni e mezzo di lavoro sono condensati in 17 volumi pubblicati venerdì 15 dicembre, dead line fissata da una lettera della stessa Regina Elisabetta II. Tre di questi volumi riguardano la Chiesa cattolica e altre istituzioni religiose, per circa 2.500 pagine.

"Abbiamo concluso che ci sono state delle catastrofiche mancanze di leadership delle autorità della Chiesa cattolica per molti decenni ", si legge nel rapporto. Il Cattolicesimo è la confessione religiosa maggioritaria in Australia. La Commissione ha riscontrato che le risposte della Chiesa alle denunce e alle preoccupazioni sul comportamento dei preti erano " in modo incredibile e inquietante, simili".

Le raccomandazioni finali sono 189 e tra queste c'è la richiesta di sanzioni per coloro che sospettano abusi e non allertano la polizia, compresi i sacerdoti che vengono a sapere di un abuso sessuale durante il sacramento della Confessione. A questo proposito è stato chiesto al Vaticano di stabilire la norma che l'assoluzione per il peccato di abuso su minori non possa avvenire se non quando l'abusatore non si sia denunciato alla polizia. Il rapporto finale ha anche esortato la leadership cattolica australiana a premere sul Vaticano e sul Papa per porre fine al celibato obbligatorio, lasciandolo solo volontario, perché è stato riscontrato dalla Commissione che moltissimi preti sono diventati orchi in istituzioni (come scuole e parrocchie) in cui sono stati lasciati soli con i bambini, diventati così oggetto delle loro pulsioni sessuali. La Commissione ha trovato che il celibato di per sé non è una causa diretta di abuso sessuale sui minori, "ma è un fattore che contribuisce, specialmente quando siano presenti altri fattori di rischio".

I preti inoltre - secondo la Commissione - dovranno essere perseguiti dalla legge, se non ricorreranno alla polizia, quando vengono a conoscenza di un abuso. "Non c'è nessuna esenzione o privilegio da parte della legge, in relazione ad una determinata confessione religiosa" , sostiene il documento.

Adesso vedremo come reagirà in concreto Papa Francesco e il Vaticano al Rapporto che viene pubblicato proprio mentre la Commissione Pontificia per la tutela dei minori deve essere rinnovata nei suoi componenti, e dopo che il sopravvissuto inglese Peter Saunders si è definitivamente dimesso dal farne parte, dopo essersi sospeso nel 2016 in polemica con il cardinale Pell. Una serie di proposte sono state avanzate a Francesco e si attendono le sue decisioni.

Intanto però la SantaSede ha espresso rispetto per il lavoro della Royal Commission. "Il rapporto finale della Royal Commission into Institutional Responses to Child Sex Abuse in Australia è il risultato degli accurati sforzi compiuti dalla Commissione negli ultimi anni e merita di essere studiato approfonditamente", afferma una nota, diramata nel pomeriggio, dalla Santa Sede, che "resta vicina alla Chiesa cattolica in Australia - fedeli laici, religiosi e clero - mentre ascolta e accompagna le vittime e i sopravvissuti nello sforzo di portare guarigione e giustizia". Nel suo recente incontro con la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, viene reso noto, Papa Francesco ha affermato che "la Chiesa è chiamata a essere luogo di compassione, soprattutto per coloro che hanno sofferto, e ha ribadito che la Chiesa è impegnata nell'assicurare ambienti che garantiscono la protezione di tutti bambini e adulti vulnerabili".

Nel documento della Royal Commission si ricorda che nel novembre 2012 Pell, allora arcivescovo di Sydney, commentò favorevolmente l'annuncio dell'inizio dei lavori della Royal Commission e disse che la Chiesa cattolica avrebbe completamente collaborato. Tuttavia Pell "obiettò anche che l'estensione dell'abuso sessuale sui minori per quanto riguarda la Chiesa cattolica era stato 'esagerato'. Nel rapporto si ricorda inoltre che i leader della Chiesa cattolica nel Paese hanno cominciato a discutere di abusi già alla fine degli anni Ottanta, in modo sporadico. Ma che già dieci anni dopo, alla fine degli anni Novanta le autorità civili del Paese presero coscienza della vastità del problema e allo stesso Pell, diventato arcivescovo di Melbourne, venne prospettata la possibilità di una Commissione d'inchiesta reale, se non fossero stati presi provvedimenti da parte della Chiesa, cosa che spinse Pell nel novembre 1996 a elaborare lo schema compensativo per le vittime, denominato, Melbourne Reponse.

Evidentemente, i cambiamenti intercorsi nell'arco di tre decenni non sono stati tali da impedire l'istituzione della Commissione che ha riguardato tutte le istituzioni australiane e anche le altre confessioni religiose, persino l'Esercito della salvezza. Tanto che l'ultimo rapporto parziale pubblicato il 5 dicembre 2017 (cioè appena dieci giorni prima di quello finale) riguarda proprio quanto accaduto nella Diocesi di Melbourne ( https://www.justout.org/single-post/2017/12/05/OMISSIS-ED-OMISSIONI-SULLA-PEDOFILIA)

Pell, prefetto vaticano dell'Economia, uno dei top advisor di Papa Francesco, è stato ascoltato tre volte dalla Royal Commission ( l'ultima nel marzo 2016 in diretta streaming da un hotel di Roma) è stato incriminato nel giugno 2017 per presunti abusi di cui sarebbe stato direttamente responsabile. Entro la fine del mese di aprile (2018 ), dopo quattro settimane di udienze a porte chiuse, si saprà se Pell dovrà essere sottoposto a processo per accuse che il cardinale ha sempre veemente respinto.

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