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DIDDI CONFERMA LE RICHIESTE DI CONDANNA DI BECCIU &CO.

"Ma le difese degli imputati hanno letto gli atti? " "L'importanza di Ciferri e Chaouqui come testimoni à pari a zero, il processo non si basa sul Memoriale Perlasca come vogliono far credere "

Gli avvocati Severino e Flick (SDS e APSA) : "i fatti sono tutti provati"



di Maria Antonietta Calabrò


84ma udienza processo Sloane Ave. Oltre 9 ore dedicata alle repliche del promotore Alessandro Diddi e delle parti civili: Asif, Ior, Apsa, Segreteria di Stato e monsignor Alberto Perlasca. Il Promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi ha ribattuto punto per punto alle arringhe delle difese che avevano affermato all'unisono che la fase dibattimentale avrebbe sgretolato il quadro accusatorio, facendo emergere non prove ma “false accuse” e “pregiudizi”. Tutte “contumelie aggressive nei confronti del Promotore di Giustizia”, ha affermato Diddi: “È la dimostrazione che in molti casi le difese non hanno avuto altri argomenti che attaccarci”. "Ci sono difensori, però - ha aggiunto - che la requisitoria scritta non l’hanno neppure considerata”. Ha quindi citato chat, email, pezzi di interrogatori o informative che provano a suo giudizio i fatti ; “Tutte completamente ignorate”.

Il "memoriale "di Perlasca

Diddi si è soffermato in particolare memoriale depositato il 31 agosto 2020 da monsignor Perlasca, dal quale provenivano gran parte delle accuse contro Becciu e la cui genesi – come emerso – è stata condizionata da una “triangolazione” tra Perlasca, la sua amica Genoveffa Ciferri e la pr Francesca Immacolata Chaouqui. “Qualcuno ha detto che il memoriale è stata la ‘pietra angolare della indagine’. Non lo è… Perlasca non ha dato nessuno spunto investigativo, in particolare sul palazzo di Londra il monsignore ha una posizione che non ha avuto nessuna incidenza su truffa, peculato ecc”. E Ciferri e Chaouqui? “L’importanza di questi testimoni è pari a zero”, ha affermato il promotore, in ogni caso secondo Diddi le difese degli imputati si sono ben guardate dal porre loro delle domande quando sono state ascoltate in Aula.

I rescripta del Papa

Nella sua replica Diddi ha poi toccato il tema dei rescripta del Papa sopraggiunti nel corso delle indagini e che ne avrebbero modificato le modalità. “Capisco che nel fare le difese bisogna stressare i dati…”, ha replicato Diddi, ma i rescripta “hanno avuto la funzione di normare attività altrimenti non disciplinate”, a cominciare dalle intercettazioni Sono stati quindi "una garanzia nei confronti di tutti coloro che hanno subito questo tipo di attività”.

"Il Papa non sapeva nulla dei soldi da dare alla Marogna, sapeva della Inkerman".

Spazio nelle quattro ore di intervento anche alle altre accuse nei confronti del cardinale Becciu, cioè la “vicenda Sardegna” (la difesa “non si è confrontata con gli esiti dell’indagine della Gdf di Oristano” sulla diocesi di Ozieri e la cooperativa Spes) e la "vicenda Marogna" (“Se fosse vero che Becciu è stato raggirato, perché non ha fatto denuncia? Perché la incontra ancora nel 2020 e nel 2021? Perché la ospita a casa sua?”). Ma soprattutto Diddi ha evidenziato “il Papa non ha autorizzato i soldi alla Marogna, perché di lei non sapeva nulla, ma alla società britannica Inkerman”, incaricata di una mediazione per liberare la suora colombiana rapita in Mali. Tanto è vero che sui soldi inviati alla Inkermann .

Severino e Flick :"I fatti sono provati "

Quando al finanziamento di 150 milioni richiesto dalla Segreteria di Stato allo IOR per chiudere quella che la legale Paola Severino, parte civile della SdS, ha definito una “dolorosa vicenda” dove i primi ad essere “ingannati” sono stati il cardinale Parolin e il sostituto monsignor Edgar Peña Parra. Severino ha messo in evidenza che il Tribunale ha la potestà di riqualificare " i capi di imputazione "e ha ringraziato il Tribunale per “l’ampiezza del dibattimento” che ha permesso di “mettere a posto alcune questioni e chiarire in che vesti e posizioni si trovavano soggetti di questa dolorosa vicenda”. Entrambi gli spunti sono stati ripresi dal professor Giovanni Maria Flick, parte civile Apsa, ha parlato di “penosa vicenda” al centro di un processo durante il quale però “sono stati difesi i diritti di tutti”. Ma Severino e Flick hanno entrambi affermato che "i fatti emersi nel processo sono tutti provati".

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