FALCONE E “THE GODSON”
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23 maggio 2025
La pubblicazione delle agende di Giovanni Falcone 33 anni dopo la strage di Capaci, sono piene di riferimenti agli approfondimenti che il magistrato di Palermo stava facendo su Roberto Palazzolo, «The Godson», come era soprannominato, il figlioccio, ma forse proprio metaforicamente, vista la sua importanza, il figlio di dio.
Quelli che seguono sono degli estratti del capitolo dedicato a Palazzolo nel mio libro “Le Mani della Mafia” ( Chiarelettere, 2014). Mafia e non solo mafia: riciclaggio, traffico d’armi, e quello che era allora lo IOR. Il Presidente Mattarella oggi ha dichiarato: “combattere le zone grigie”.

Il 19 dicembre 2013 si conclude un ciclo. Rientra in Italia Vito Roberto Palazzolo, il finanziere della mafia, secondo le accuse che lui ha sempre respinto.
Finanziere senz’altro e uomo d’affari. Sessantasei anni, nato a Terrasini, in Sicilia, cittadino svizzero, cresciuto in Germania, versato nella finanza e nel commercio dei diamanti, e intermediario in Africa di commesse di armi, si spostato in Sudafrica a metà degli anni Ottanta sotto la falsa identità di Robert von Palace Kolbatschenko. Nel marzo del
2009 la Corte di cassazione ha confermato definitivamente una sentenza a nove anni di carcere inflittagli nel 2006 per associazione mafiosa. È accusato di essere il tesoriere della mafia di Bernardo Provenzano, il boss arrestato a Corleone
nell’aprile del 2006, e del suo predecessore Salvatore Riina, entrambi condannati all’ergastolo. Palazzolo ha sempre proclamato la sua innocenza, si considera un perseguitato della stampa, dei politici e degli «opportunisti». Il suo nome
era inserito nella lista dei trenta super ricercati del ministero dell’Interno. La sua era la scheda numero 15.
È stato arrestato nell’aeroporto thailandese di Bangkok il 30 marzo 2012, dopo essere sfuggito più volte all’estradizione e alla cattura quando era un rispettatissimo businessman
nel Sudafrica di Nelson Mandela.
Lì se ne stava nella sua fattoria-azienda, «La Terre de Luc», nella splendida vallata di Franschhoek, vicino a Cape Town.
Continuava a fare il manager e frequentava i salotti buoni delpaese, nonostante le critiche di una parte della stampa locale. Siè affidato all’avvocato palermitano Salvatore Traina, il difensore
storico di Binu Provenzano, che coordina un pool di legali.
Ma era nel mirino del procuratore distrettuale di New
York Louis Freeh, poi diventato direttore dell’Fbi, oltre che del procuratore federale Rudolph W. Giuliani, del giudiceistruttore Giovanni Falcone e del superpoliziotto Gianni De Gennaro, dai tempi del processo della Pizza Connection,
il più importante e lungo processo criminale in una Corte americana. Ventidue imputati, un anno e mezzo di udienze: milioni di dollari che uscivano in contanti dagli Stati Uniti diretti verso le banche svizzere e decine e decine di chili di
eroina che entravano sul mercato americano. Palazzolo nelle intercettazioni era chiamato «The Godson», il figlioccio.
(…)
Per contrastare «la cattiva immagine» da cui si sente afflito sui giornali, Palazzolo nel 2004 si è affidato a «un grande comunicatore», Aldo Sarullo, il drammaturgo e regista che ha segnato una stagione del look e del pensiero di Forza Italia in Sicilia, da Gianfranco Micciché a Enrico La Loggia.
Sarullo diventerà nel 2008 consigliere per gli Affari culturali dell’allora presidente del Senato, Renato Schifani.( dall ‘ottobre 2022 , presidente della regione Sicilia, ndA) .
Appena accettato l’incarico, Sarullo ha inviato una lettera all’allora procuratore di Palermo Pietro Grasso per comu- nicare la richiesta di Vito Roberto Palazzolo. Aldo Sarullo studia il suo nuovo committente, ma ha già un’idea ben precisa: «Dalle carte che mi hanno mostrato rte che mi hanno mostrato l’avvocato Traina e gli altri legali è sempre emersa e continua a emergere la non colpevolezza di Palazzolo. ”
(…)
Sul tavolo degli inquirenti siciliani non ci sono solo i legamicon Cosa nostra: c’è anche il capitolo dedicato agli affaridi Finmeccanica in Africa. Ben due manager di aziende controllate dalla holding che lavora per il settore strategico della Difesa hanno testimoniato di aver incontrato Palazzolo, nel settembre del 2009, a un meeting di imprese italiane in
Angola, cui partecipò anche una delegazione istituzionale guidata dall’allora viceministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso, del tutto ignaro di quanto gli stava accadendo sotto il naso.
A parlare per primo ai pm di Palermo della presenza
di Palazzolo a Luanda, la capitale angolana, fu Francesco Maria Tuccillo, all’epoca direttore dell’ufficio del gruppo industriale italiano a Nairobi, come responsabile per l’area dell’Africa subsahariana, incarico che gli fu tolto agli inizi del
2011, pochi mesi dopo le sue rivelazioni. Ma anche un altro manager, la cui identità è rimasta protetta, ha confermato agli inquirenti la presenza di Palazzolo in Angola.
In particolare, secondo i manager, a conoscere bene Vito Palazzolo era Patrick Chabrat, pezzo grosso dell’azienda italobritannica di elicotteri Agusta Westland, per anni braccio destro di Giuseppe Orsi prima che questi arrivasse alla presidenza di Finmeccanica, e responsabile del gruppo per
il Sudafrica dopo Tuccillo.
Palazzolo ha negato di aver mai preso parte al meeting. Falcone che negli anni Ottanta aveva cominciato a dargli la caccia nell’ambito della
Pizza Connection, si era chiesto quali fossero i rapporti tra la mafia e i nostri produttori d’armi in giro per il mondo.”