GENTILONI: "STRATEGIA AMERICANA" SUI SERVIZI SEGRETI
Per ben due volte il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, nelle sue dichiarazioni programmatiche alla Camera dei deputati, ha citato la transizione degli Stati Uniti, con il cambio della guardia dell’ amministrazione : da quella democratica - per 8 anni - di Barack Obama, a quella del repubblicano atipico Donald Trump, che si insedierà il 20 gennaio.
"Tra un paio di settimane l'Italia entrerà nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e assumerà la Presidenza di turno del G7. Lo faremo in un momento difficile - ha dichiarato nell’Aula di Montecitorio il Presidente Gentiloni - caratterizzato da una particolare incertezza che si determina anche per la contestualità con la transizione americana, che come sapete si concluderà il 20 gennaio; e approfitto dell'occasione per dire che noi siamo pronti a collaborare con quello che è da sempre il nostro principale partner ed alleato, gli Stati Uniti, forti nella difesa dei nostri principi, ma convinti sostenitori dell'Alleanza atlantica. Incertezza accentuata dalle condizioni molto difficili di diversi teatri di crisi nel mondo”.
Poi ancora, con riferimento al Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi, ha aggiunto che si dovrà discutere di “Siria, del modo in cui la crisi siriana sta definendo i rapporti tra l'Unione europea e la Russia, in un momento di transizione per l'amministrazione americana”.
Già da solo questo fatto fa comprendere quanto il cambiamento negli Usa possa pesare anche in relazione all’Italia, proprio nel bel mezzo di un cambio di governo sconfitto sul referendum costituzionale dalla maggioranza degli italiani. E quanto questo possa aver pesato nel “pilotare” la crisi, verso un esecutivo di “responsabilità istituzionale” per “la stabilità delle istituzioni”, come ha detto Gentiloni.
Tutti sanno che Matteo Renzi è stato l’ultimo premier inviato a cena alla Casa Bianca da Obama e come abbia fatto un forte endorsement per Hillary Clinton.
Gentiloni è anche lui un “democratico” , per usare una categoria politica americana, cioè vicino all’amministrazione democratica a stelle e strisce ( a partire dal segretario di Stato uscente John Kerry). E questo fin dai tempi della sua collaborazione con il leader della Margherita, Francesco Rutelli.
Si tratta però, nel suo caso, di una vicinanza al partito “dell’Asinello”, che si potrebbe definire “main stream”, molto più istituzionale, di quella “movimentista” di Renzi. Da questo derivano alcune conseguenze importanti.
Forse è proprio a questo suo profilo - che coincide al riguardo con quello del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che è stato vicepresidente del Consiglio con la delega ai servizi segreti nel governo D’Alema e Ministro della Difesa nei governi Amato e D’Alema - che deve essere attribuita la scelta di Gentiloni di “non” affidare nelle mani di Luca Lotti la delega per gli apparati di intelligence, cui pure il braccio destro di Renzi fortissimamente aspirava, d’accordo con lo stesso ex premier.
Il giglio magico e il nuovo gruppo di potere a Washington. La delega a Lotti vicinissimo a Marco Carrai che nel corso del 2016 ha tentato (senza riuscirvi) di essere nominato responsabile istituzionale del nuovo ramo strategico dell’intelligence, quello della cybersecurity, in ogni caso , avrebbe potuto costituire per Gentiloni e Mattarella una “continuità” con il governo Renzi ben più profonda (invasiva?) dei molti ministri del precedente esecutivo riconfermati.
Renzi, infatti , per un gioco del destino ha lasciato il suo posto a Palazzo Chigi, mentre alcuni dei suoi possono vantare solide amicizie con il nuovo gruppo di potere a Washington.
Nella nuova amministrazione americana di Trump, ad esempio ,avranno un peso notevolissimo uomini che sono collegati a think tank repubblicani, quali l’American Enterprise ( AEI) che pur all’inizio aveva snobbato il costruttore miliardario di New York. L’ ex Ceo di ExxonMobile Rex Tillerson, amico di Vladimir Putin, che “The Donald” ha nominato il 13 dicembre segretario di Stato, è un membro dell’AEI.
Il nuovo Consigliere per la sicurezza nazionale è il generale Michael T. Flynn, che ha oltre trent’anni di carriera ai massimi livelli dell’intelligence militare americana (DIA) e ha scritto un recentissimo libro sul terrorismo islamico, a quattro mani con lo storico e giornalista Michael Ledeen, scholar dapprima all’AEI, ora alla Foundation for Defense of Democracies (FDD), in cui descrive la necessità di promuovere a livello globale libertà e democrazia, di abbattere dittature e rovesciare tiranni, di non accettare la logica dell’appeasement e del cedimento rispetto ai “nemici” dell’Occidente.
Ledeen è tanto amico di Carrai, da essere giunto da Los Angeles appositamente per partecipare nel 2014 al suo matrimonio. Ex consulente di Cia, Sismi, governo Reagan ai tempi della crisi (governo Craxi) di Sigonella ed esperto di Iran. Così com’è contrario al Trattato americano sul nucleare con l’Iran, l’italoamericano Mike Pompeo nuovo capo della CIA a Langley.
È evidente che una volta insediata la nuova amministrazione americana questi legami di Lotti, Carrai e Renzi avrebbero potuto completamente bypassare la linea di comando del governo Gentiloni , in un settore come quello della sicurezza dove peraltro è sempre esistita a partire dal dopoguerra, una doppia linea di influenza sancita da memorandum segreti e diretti tra i vari servizi, al di là e al di sopra della testa dei governi pro tempore.
Le relazioni del cosiddetto “cerchio magico”, naturalmente non scompaiono, ma avrebbero potuto avere una forza istituzionale (potenzialmente) dirompente con la delega a Lotti.
Gestione in prima persona. Gentiloni invece si è intestato il comparto sicurezza e soprattutto ha mostrato di volere gestire in prima persona - e non solo a livello diplomatico - il “cambio della guardia “ a Washington. Quando sarà finita la transition americana il Ministero dell'Interno adesso guidato da Marco Minniti (fin qui sottosegretario alla Presidenza con delega agli apparati di intelligence) potrebbe trasformarsi in quella che negli USA è l'homeland security, e magari le deleghe transiteranno a Minniti ,secondo lo schema di molti progetti di riforma del comparto dei servizi segreti , che prevedono un ministro e non un sottosegretario delegato. Minniti si è recato negli Usa, nello scorso ottobre, ma la settimana prima del premier Renzi e non lo ha accompagnato a Washington nella pur affollata cena con Obama.
Del resto lo aveva detto pochi giorni dopo le elezioni americane intervistato su RAI 3 :”Assolutamente non mi aspettavo la vittoria di Trump. Avrei preferito un altro esito ma ora è il presidente degli Stati Uniti, il nostro principale alleato, e quindi collaboriamo":
"L'Europa - aggiunse l’allora ministro degli Esteri - non deve preoccuparsi di Donald Trump . (…) La Ue deve invece concentrarsi sui propri problemi e rispondere alle questioni aperte al proprio interno, rispondere ai propri cittadini sulla crescita economica, sull'immigrazione, sulla sicurezza. Un'Europa forte che risponda a questi problemi - ha sottolineato - poi certamente sarà in grado di cooperare nel migliore dei modi con gli Stati Uniti".
(UPDATE DELL'ARTICOLO PUBBLICATO SULL'HUFFINGTONPOST.IT, IL 13 DICEMBRE 2016)