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Le “Quattro piccole ostriche” e la nuova Guerra fredda

Mia recensione sulla spystory scritta da Andrea Purgatori ,morto il 19 luglio 2023


di Maria Antonietta Calabrò



Già Platone scriveva che i creatori di favole governano il mondo. Non solo perché attraverso le favole si impara a conoscere la realtà. La si apprende nei suoi archetipi, nelle sue regole e nelle sue infrazioni. Ma anche perché attraverso le favole, che ai nostri tempi chiamiamo storytelling, narrativa, si influenza l’opinione pubblica, e si fa “arrivare” la conoscenza di alcune situazioni al grande pubblico. Con in più quella libertà e con quella capacità di “impressionare” il lettore, propria della forza della “tragedia” o della commedia, che dir si voglia, già nota dall’antichità.

Christopher Andrew preside emerito del Dipartimento di Storia dell’Università di Cambridge, storico ufficiale dei servizi segreti di sua Maestà britannica e divulgatore del più impressionante archivio del KGB sovietico trafugato in Occidente, il dossier Mitrokhin, chiama la storia dello spionaggio, la storia del “mondo segreto”.

Segreto ma non meno reale, anzi forse di più di quello che vediamo sotto i nostri occhi. E così per il largo pubblico leggere romanzi di spionaggio, può aiutare a capire come viviamo.

Purgatori ci fa fare un salto nel passato. Torniamo a Berlino, torniamo al mondo diviso in due blocchi, torniamo alla Guerra Fredda, torniamo ai fantasmi che hanno preceduto la Caduta del Muro (giusto quarant’anni fa, il prossimo 9 novembre l’anniversario).

Ma a ben vedere è un passato ancora troppo recente per essere materia solo per gli storici. E così il protagonista del romanzo pubblicato da Harper Collins che è un massimo dirigente della STASI, il servizio segreto dell’ex DDR viene richiamato “in attività” dopo trent’anni da un delitto compiuto nella capitale tedesca, allo stesso modo in cui Smiley è stato richiamato in servizio da Le Carré in “A Legacy of spies”.

Purgatori con la sua esperienza da inviato speciale e di sceneggiatore, confeziona come ha detto Enrico Vanzina alla presentazione romana “Un romanzo estivo, ma di uno snob pazzesco”.

Non sono invece d’accordo con Antonio D’Orrico che nella sua recensione ha accostato Purgatori a Le Carré. Semmai andrebbe appaiato a Frederick Forsyth, lo scrittore britannico reso famoso dal “Giorno dello sciacallo”, dal “Dossier Odessa”, e dal “Quarto protocollo”. Anche lui era un giornalista. Anzi l’unico scrittore di spy stories che lo sia stato.

Un bel gioco sotto l’ombrellone potrebbe essere cercare di far combaciare i singoli personaggi del romanzo con i protagonisti reali. Come non vedere, ad esempio, nel protagonista Markus Graf, Markus Wolf, il capo potentissimo della STASI?

Le “quattro piccole ostriche” (quattro agenti dormienti addestrati a risvegliarsi e ad uccidere) sono al centro dell’operazione “Walrus” Trichecho (sì, quello di “Alice nel paese delle meraviglie”). E come si sa, nello scritto di Carroll finiscono male.

«L’idea nasce dalla lettura del dossier Mitrokhin - ha spiegato l’autore - dove c’era l’elenco delle spie del Kgb in Italia e in Europa. Si può manipolare la mente di qualcuno fino a spingerlo a commettere omicidi. Mi sono fatto ipnotizzare per capire meglio questi meccanismi».

Il passato ritorna per un motivo semplice. Perché il capo di una delle potenze mondiali di oggi è stato un grande agente del KGB proprio a Berlino, parliamo di lui, Vladimir Putin.

Realtà che - qualunque sia la verità del Russiagate che ha coinvolto la Lega di Matteo Salvini, l’uomo forte del governo italiano - è tornata nella cronaca politica di questi giorni. Nella realtà Moscopoli altro non è infatti che una riedizione soft della Guerra Fredda, e ancora una volta l’Italia ci si trova in mezzo.

E così riscopriamo in queste ore, nella realtà - non nel romanzo - che l’Archivio Mitrokhin, col suo carico di segreti, produsse una ‘mela avvelenata’ per la nostra intelligence. La vicenda del ‘Verme’ del Sismi emerse nel 2003, nel corso di un’audizione davanti alla Commissione Mitrokhin, presieduta da Paolo Guzzanti. I britannici avevano avvertito almeno a partire dal 2000 che all’interno del nostro Servizio per le informazioni e la sicurezza militare si annidava una ‘talpa’, che per circa dieci anni, e forse anche oltre, aveva passato segreti a Mosca. La caccia all’agente infedele, degna del romanzo di Le Carré, non ha - fino ad oggi - prodotto risultati definitivi. Il “verme” è ancora attivo? La domanda tanto più attuale oggi dopo il caso Savoini.


Pubblicato su Huffpost.it il 18 luglio 2018

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