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Papa Ratzinger e la “ città che non sapeva comunicare”

di Maria Antonietta Calabrò

“Il Papa irrita politici e giornalisti”. Il giudizio che emerge dai rapporti dei diplomatici americani  pubblicati da Wikileaks non è dei più teneri.

A firmarli è Julieta Valls Noyes, all’epoca incaricata d’affari e vice capo missione dell’Ambasciata presso la Santa Sede dal 2008 al 2011, che ha  organizzato la preparazione della visita del Presidente Obama in Vaticano nell’estate 2009  (la Noyes divenne poi responsabile per le relazioni con la UE e l’Europa occidentale del Dipartimento di Stato, ambasciatore in Croazia e  (dal 2018) vicedirettore del Foreign Service Institute.

Il giudizio complessivo è senza appello: “Not a spin city”, “una città che non sa comunicare”.

Dopo la strage del 7 gennaio 2015 compiuta da tre terroristi islamici contro l'inerme redazione del settimanale satirico francese «Charlie Hebdo»,  molti commentatori  hanno richiamato alla memoria la famosa lezione di Ratisbona di Benedetto XVI contro la violenza perpetrata in nome di una fede religiosa.

Erano già passati otto anni dal 12 settembre 2006 , giorno in cui Papa Ratzinger l’aveva pronunciato , ma ancora veniva  ricordato che quel discorso aveva scatenato furiose polemiche in Europa e quella stessa violenza in Asia ed in Africa contro cui voleva mettere in guardia.

Benedetto XVI allora era stato  attaccato dalle piazze mussulmane, a motivo di una citazione, nel suo discorso,  dell’imperatore bizantino Manuele Paleologo II che criticava pesantemente il Profeta Maometto.

Un fantoccio di Benedetto fu  incendiato.  Una suora cattolica italiana era stata uccisa in Africa.

La prima risposta vaticana alle reazioni sul discorso di Ratisbona tardò ad arrivare. E’ del  14 settembre con una dichiarazione del nuovo Portavoce della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, nominato due mesi  prima (11 luglio 2006) al posto dello storico portavoce di Giovanni Paolo II, Joaquin Navarro Valls.

Una lezione accademica pronunciata dal Capo della Chiesa cattolica ha necessariamente un impatto non solo spirituale, ma politico. Soprattutto su temi sensibili in quel particolare momento.

Per forza di cose (non fosse che per la ristrettezza degli spazi e dei tempi)  i media  sono  “des grand semplificateurs”, e talvolta impediscono la completa conoscenza di un fatto, ma  detto questo, ogni attore nella comunicazione deve essere responsabile del suo ruolo. L’incidente  mediatico di Ratisbona ha fatto  riflettere sulla grande responsabilità che la Chiesa e i suoi esponenti hanno nell'assumere la "sfida" della comunicazione, tanto più se intendono dare alla pubblica opinione messaggi in  forte contrasto con il mainstreamculturale, ideologico e e politico, di cui i media sono necessariamente espressione .

Per di più  il discorso cadde  nel  momento di un delicato trapasso di potere vaticano: l’avvicendamento del Segretario di Stato.

Il viaggio in Germania  è  stato l’ultimo con un Pontefice per il  Segretario di stato uscente, cardinale Angelo Sodano, lo aveva chiesto lui stesso.

L’incidente mediatico  costò moltissimo all’immagine pubblica mondiale  di Papa Benedetto e contribuì a spostare su un binario controversiale  il suo intero Pontificato.

Quello che è certo è che  il Pontefice non venne  messo in guardia  in relazione all’impatto  mediatico e diplomatico  del suo argomentare.

Dopo Ratisbona, un’altro grave  “incidente” (2009) aveva riguardato  il caso del vescovo tradizionalista lefebriano Richard Willianson, uno che in un’intervista aveva  negato  l’Olocausto.

Il cardinale colombiano ultra tradizionalista  Castrillon Hoyos  premeva per la remissione della scomunica sostenendo che Williamson era in gravi condizioni di salute e che bisognava evitare che morisse da scomunicato. Invece non era vero niente. Williamson invece non era affatto in fin di vita.

E quel che è peggio  nessuno in Vaticano era a conoscenza dell’intervista, peraltro facilmente reperibile su Internet. Per questo dopo quell'incidente, nacque il blog paravaticano " Il Sismografo" , diretto dal giornalista Louis Badilla che proveniva dalla Radio Vaticana.

Le polemiche contro la revoca della scomunica a un vescovo apertamente antisemita, furono feroci e scatenarono, questa volta, l’ira degli ebrei. Il Rabbino David Rosen, uno dei religiosi maggiormente impegnati nel tentativo di riannodare il dialogo tra le due religioni, spianando la strada ad una visita del Pontefice in Israele, dichiarò: “C’è stata una superficialità, almeno così voglio sperare”.

Alla domanda del suo biografo, Peter Seewald, nel libro “Luce del mondo” (“Se avesse saputo che fra quei vescovi ce n’era uno che negava l’esistenza delle camere a gas naziste, avrebbe firmato la revoca della scomunica?”) Benedetto XVI rispose nel 2010: “No. … Ma purtroppo nessuno di noi ha guardato su Internet e preso coscienza di chi si trattava”.

Sul Vaticano che non sapeva comunicare (non solo nei casi controversi ) c’è un aneddoto illuminante  nel libro del giornalista americano  John Thavis per trent’anni corrispondente del Catholic News Service, “I diari vaticani. Poteri e retroscena”. In relazione al viaggio di Benedetto in Giordania nel maggio 2009, descrive l’arrivo del Pontefice sulle sponde del fiume Giordano, accompagnato dai Reali ascemiti, dal Re Abdullah, dalla regina Rania e dal Principe Ghazi.

“ Erano schierate tutte le televisioni del mondo - scrive - ad aspettare il momento in cui ci si immaginava che Lui si avvicini all’acqua e magari impartisca un battesimo. Visto che è lì, proprio lì, dove, secondo il Vangelo, c’è stato il battesimo di Gesù. Papa Ratzinger invece non scende dalla macchina per avvicinarsi all’acqua. Tutti i fotografi sono pronti per la  foto del giorno.  Ma lui non scende. Una volta  ricordando questo episodio Alexander Stille, professore di International journalism alla Columbia University, con enfasi disse: “Sicuramente anche con il Parkinson, Wojtyla si sarebbe spinto fino all’acqua perché sapeva che avrebbe raggiunto due miliardi di persone quella stessa sera”.

In quel momento invece Benedetto XVI  rimase  raccolto in preghiera e concentrato nell’ascolto delle spiegazioni che il Principe Ghazi gli stava dando. Non pensava a farsi vedere ma a capire e a meditare.

Eppure, se ci fosse stato qualcuno che gli avesse detto: ‘Vada e tocchi l’acqua’,  lui l’avrebbe sicuramente fatto.

Come obbedì, quando scrisse a poche settimane dalla rinuncia il primo tweet dell’account @Pontifex.Estratto da longform pubblicato su Huffpost.it il 31 dicembre 2022. Continua a leggere: https://www.huffingtonpost.it/esteri/2022/12/31/news/e_morto_joseph_ratzinger_luomo_che_fu_tre_volte_papa-10982381/

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