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I sommersi e i salvati di Pena Parra

di Maria Antonietta Calabrò

51 ma udienza del processo Sloane Ave, testimonia l’attuale sostituto della Segreteria di Stato, Pena Parra e certifica il disastro di quanto avvenuto nella seconda tranche del cosiddetto “affare” del Palazzo di Londra. Cioè quanto avvenuto tra la seconda metà del 2018 e il 2019, quando il broker Gianluigi Torzi venne liquidato con 15 milioni di euro, affinchè la Segreteria di Stato potesse rientrare completamente in possesso dell’immobile che aveva ospitato i magazzini Harrods. Se non si fosse ascoltato con le proprie orecchie, si potrebbe stentare a credere.Pena Parra ha confermato davanti al Tribunale quanto aveva scritto in una memoria ad uso di ricognizione interna alla Segreteria di Stato nel giugno 2020, e che era stata acquisita agli atti del processo nel giugno 2021,  cioè poco prima del  primo rinvio a giudizio dei dieci imputati attualmente  sotto processo, tra cui, il più noto dei quali è il cardinale Angelo Becciu, anche per evitare un  suo interrogatorio formale sulla vicenda del pagamento a Torzi, avvenuto sotto la sua gestione. E poi ancora valutato nell’ambito del secondo rinvio a giudizio, quello dell’inizio del 2022.Solo che la Memoria (nonostante sia stata accompagnata da centinaia di pagine di allegati) in più punti è risultata imprecisa, tanto che più volte nel corso dell’udienza di oggi, sua Eccellenza Pena Parra ha dovuto precisare che si trattava di un documento che non era stato preparato per il processo.La testimonianza di Pena Parra, attuale numero 2 della Segreteria di Stato che si è costituita parte civile al processo, rappresentata dalla professoressa  Paola Severino e dalla professoressa Elisa Scaroina, ha sostanzialmente scagionato (per quel che riguarda il pagamento di Torzi) il “suo” segretario (monsignor Carlino, che lo era stato per anni del sostituto Becciu), che pur non avendo nessuna competenza in materia era entrato nella trattativa con Torzi visto che quest’ultimo  a fine 2018 non aveva voluto più trattare ne’ con monsignor Alberto Perlasca (capo ufficio amministrativo della Segreteria di Stato) nè con il funzionario Fabrizio Tirabassi (responsabile investimenti ). “Monsignor Carlino ha agito con diligenza e lealtà” ha detto Pena Parra, che ha salutato cordialmente Carlino, al termine dell’udienza. Anche su Tirabassi ha espresso un giudizio sostanzialmente positivo. Anche se purtroppo - ha dichiarato sotto giuramento il sostituto - le pretese di Torzi per “restituire” la proprietà delle mille azioni con diritto di voto che garantivano la gestione del Palazzo di Londra lievitarono in tre mesi come un soufflè. Passando da 1 milione, a un milione e mezzo, e a marzo 2019 addirittura a 25 milioni, poi “scesi” a 15. E’stata una Via Crucis anzi una doppia via Crucis . Se il Signore è caduto tre volte, noi sei.”In proposito Pena Parra ha accusato innanzitutto Perlasca di aver firmato un documento che ha permesso a Torzi di iniziare a pretendere di essere pagato (“Non ne sapevo niente ,non aveva potere di firma”), e Torzi aver pressato lui e la segreteria di Stato per essere pagato :”Siamo stati costretti, non avevamo altra alternativa”.Pena Parra  ha poi riferito che avendo chiesto un parere all’Ufficio del Revisore generale (guidato allora ad interim da Alessandro Cassinis Righini) sul pagamento a Torzi ed avendone ricevuto uno negativo, lo considerò “superato” dalle assicurazioni che gli erano state date in particolare dall’avvocato Nicola Squillace (anche lui imputato nel processo ) che riteneva essere un avvocato che lavorava per la segreteria di Stato, fin quando non scoprì che altri non era …che l’avvocato di Torzi: “Una truffa, un inganno assoluto”Chiamato a deporre dalle difese di alcuni imputati, Pena Parra ha anche “assolto”  l’intervento dell’Aif per quanto riguarda il pagamento di Torzi, sostenendo di aver chiesto lui l’interessamento dell’Autorità di informazione finanziaria (AIF) nelle persone del Presidente René Brulhart e del direttore generale Tommaso Di Ruzza.Pena Parra  consultando un appunto ha sostenuto che aver pagato Torzi ha fatto risparmiare quasi 12 milioni di euro al Vaticano (3,9 milioni rispettivamente per gli anni 2019,2020, e 2021) anche quando  ormai la Sds non si occupava più dell’immobile, preso in carico dall’Apsa. E ha sottolineato più volte di non aver voluto dare nessun tipo di manleva a Torzi.Quanto ai rapporti con lo IOR (descritti  ad un certo punto come burrascosi dal presidente De Franssu in una precedente udienza) ha detto che aveva voluto rivolgersi allo IOR per estinguere un mutuo onerosisssimo sul Palazzo, per cui dovevano essere pagati interessi di 1 milione al mese: “era buttare i soldi dalla finestra”, ma ha attenuato i toni nei confronti dei vertici dell’Istituto che non ci vedeva chiaro  per il sospetto di un’operazione di riciclaggio e che dopo un tira e molla durato mesi negò il prestito di 250 milioni . Fu proprio  da cui partì la prima denuncia al Promotore di giustizia da cui è nato l’attuale processo (il 9 luglio 2019 ) seguita da quella del Revisore generale (8 agosto 2019 relativa agli investimenti della Segreteria di Stato presso la banca svizzera Credit  Suisse, in questi giorni  al centro dello tsunami finanziario).I difensori del cardinale Becciu non hanno fatto domande. Il Promotore di giustizia Alessandro Diddi ha chiesto se il sostituto fosse venuto a conoscenza del tentativo di riacquisto del palazzo da parte del gruppo Bizzi (oggetto di uno scambio di lettere tra il Papa e Becciu) e l’arcivescovo venezuelano ha risposto di sì ma che segnalò il caso perchè lo riteneva un ‘interferenza con le indagini della magistratura che già si erano avviate. Il difensore di Torzi, Marco Franco, ha rintuzzato  la ricostruzione di Pena Parra e alla richiesta del Presidente del Tribunale , Giuseppe Pignatone , ha fatto balenare la possibilità di un interrogatorio in Aula di Torzi, dopo l’estate.La testimonianza di Torzi continua venerdì 17 marzo e risponderà anche alle domande di Pignatone.Sent from my iPad

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