top of page

GEOPOLITICA DEL NUOVO CASO ORLANDI


Il Promotore Diddi costretto a constatare “la battuta d’arresto” nelle indagini, annuncia che andrà dal Papa. Quelle che Papa Francesco ha definito le “illazioni offensive e infondate" su Giovanni Paolo II in relazione a Emanuela Orlandi sono frutto di una colossale operazione disinformativa basata su vecchie carte dei servizi segreti polacchi? Molte coincidenze fanno più che un indizio.


di Maria Antonietta Calabrò



Dopo la messa in onda su Netflix della docuserie “Vatican girl “ a fine ottobre 2022, dove già si suggeriva la pista della pedofilia di clero di alto rango, nel gennaio 2023 la pista ‘risolutiva’ sulla scomparsa di Emanuela Orlandi aveva decisamente imboccato, in contemporanea alla apertura formale delle indagini in Vaticano, la strada della pedofilia. Fino al colpo di scena della prima settimana di aprile, in cui il fratello di Emanuela, Pietro, ha chiamato in causa Papa Giovanni Paolo II. Lo ha fatto pubblicamente in due trasmissioni televisive di “Di Martedì” su La7 , il 4 aprile ,e la sera stessa della sua testimonianza davanti al Promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, l’11 aprile.  Lo stesso Diddi , il 10 aprile, aveva annunciato la clamorosa svolta nelle indagini che si sarebbe sostanziata di lì a poche ore con la deposizione del fratello della ragazzina scomparsa, in un’ ampia intervista al “Corriere della Sera” concessa a uno dei due autori di un panphlet (“Wojtyla segreto” , 2011 ) molto critico con il Papa polacco, pubblicato in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II.

Non si possono non notare alcune “condizioni al contorno” del nuovo giallo. La prima è la coincidenza temporale tra il nuovo sviluppo del caso Orlandi e l’uscita in Polonia del libro “Maxima culpa” (8 marzo 2023, copertina in foto) , costruito su materiale dei vecchi servizi segreti di epoca comunista. Un volume che ha accusato il Papa polacco di aver coperto casi di pedofilia. Il caso editoriale ha tenuto banco a Varsavia per settimane ed è stato “bollato” in patria, anche dal Parlamento , come un tentativo di indebolire, colpendo Wojtyla, la sua patria, la Polonia, una nazione in prima linea nella coalizione a supporto del popolo ucraino e del governo di Kiev .Polonia e Ucraina sono stati per decenni accomunate dall’attenzione sovietica e poi russa a motivo del Papa polacco. Già in un libro del 2021 lo storico polacco Włodzimierz Rędzioch che ha lavorato sugli archivi di Vilnius ha messo in evidenza che in base agli archivi dell’Est europeo un forte allarme dopo l’elezione di Giovanni Paolo II era stato lanciato dai servizi segreti dell’Ucraina che avevano riportato quello che era successo all’inaugurazione del pontificato : quando i cardinali hanno reso omaggio a GPII , il papa si è alzato solo davanti a due persone e le aveva baciate per primo. Erano i cardinali Wyszyński, il primate di Polonia, e Slipyj, il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina in esilio a Roma. Anche il panphlet “Wojtyla segreto” (copertina in foto) già citato, ha attinto - secondo la stessa presentazione del libro - a “queste carte inedite compilate dagli uomini del regime di Varsavia incaricati di sorvegliarlo, pedinarlo e controllarlo da cui emerge una nuova immagine di Giovanni Paolo II”. (E qui

Un dato è certo: la scomparsa di Emanuela avvenne quando il Muro di Berlino, crollato nel novembre 1989, era ancora ben solido, e quando il Papa polacco era il bersaglio principale dei servizi segreti dell’ Est , come dimostrato dalla sentenza di nostra Corte di Cassazione sul secondo processo per l’attentato di piazza San Pietro del 13 maggio 1981 (quello ai complici di Alì Agca), un attentato che fallì per un soffio il suo obbiettivo di uccidere il Pontefice. Wojtyla fu bersaglio non solo di pallottole, ma certamente anche di dossier, a cominciare da quando fu eletto. Ci si può chiedere allora: le indagini difensive cui ha fatto riferimento Pietro Orlandi durante la sua deposizione davanti al Promotore di Giustizia attingono, magari a sua insaputa, anche a questi materiali? Si tratta di vecchie carte di regime che riportavano rumours negativi contro il primo papa polacco?

Il Vaticano potrebbe essere vittima di una colossale operazione disinformativa basata su vecchie carte dei servizi segreti polacchi?

Il punto è che come ha ricostruito il Prefetto del Dicastero della Comunicazione vaticana Paolo Ruffini, “Né Pietro Orlandi né l’avvocato Laura Sgrò arrivati al dunque, cioè alla deposizione davanti ai magistrati vaticani, “hanno ritenuto di fornire al Promotore nomi o elementi utili riguardo alle fonti di tali affermazioni e alla loro credibilità. Per la magistratura vaticana sarebbe stato essenziale conoscere la fonte delle voci riportate da Orlandi. Purtroppo ciò non è avvenuto. “(…) Come già detto, il Promotore di Giustizia non ha ricevuto alcun nome o elemento utile relativamente alle accuse rivolte a Papa Wojtyla”.

Al Promotore Diddi sabato 15 aprile non è rimasto che ammettere eufemisticamente una “battuta di arresto” delle indagini, dopo il rifiuto della Sgrò di testimoniare. E dopo che il caso è deflagrato pubblicamente in tv .Diddi ha anche annunciato che nei prossimi giorni andrà dal Papa.

L’anno scorso la Polonia è stata teatro uno dei più complicati casi di spionaggio a favore della Russia degli ultimi anni, che ha portato all’arresto (avvenuto un anno fa e tutt’ora in corso) di un giornalista spagnolo mentre stava per andare in Ucraina.

Il “deja vu" spagnolo.

La Spagna ha fare con le ultime vicende vaticane della Orlandi anche per una specie di “deja vu”. Pietro Orlandi ieri ha respinto l’accusa di non aver voluto fare i nomi . “Ma chi si rifiuta di fare i nomi? Ma se gli abbiamo dato una lunga lista di nomi, ma perché? ….Ma come, sono andato in primis a verbalizzare proprio per fare i nomi, tra gli altri, riguardo i famosi messaggi whatsapp affinché fossero convocati e interrogati e ora hanno il coraggio di dire che non ho fatto nomi?" Di quali messaggi whatsapp? Copie di chat del 2013, all’inizio del Pontificato di Francesco, dell’attuale Presidente del Consiglio di sorveglianza dello Ior, la cosiddetta banca vaticana, cardinale Santos Abryl y Castello. Il suo interlocutore nella chat tuttavia è molto più noto al grande pubblico: si tratta del monsignore spagnolo Lucio Ángel Vallejo Balda, ex membro della Cosea, condannato in Vaticano a 18 mesi di carcere alla fine del processo Vatileaks2, per rivelazione di documenti riservati. E che è stato per anni già segretario della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, cioè l’organismo in cui sarebbe stato conservato per decenni il documento anonimo che indicava le spese che sarebbero state sostenute per provvedere alla vita della Orlandi a Londra in un pensionato.

Pignatone e il processo di Londra.

Anche quest ultimo tornante della vicenda della povera Emanuela si intreccia come altri precedenti con quello degli scandali finanziari della Santa Sede. Dato che la nuova indagine aperta dal Promotore Diddi per alcuni aspetti accende un faro sull’archiviazione richiesta anni addietro dalla Procura di Roma, diretta da Giuseppe Pignatone, i difensori degli imputati nel processo in corso per la vendita del Palazzo di Londra di Sloane avenue potrebbero questa settimana chiedere la ricusazione di Pignatone che adesso è presidente del Tribunale vaticano che li giudica, in un dibattimento in cui Diddi rappresenta l’accusa. Sarebbe un esito clamoroso e un boomerang di dimensioni planetarie per lo stesso Papa Francesco. Anzi, più che un boomerang uno strike


La terza foto della gallery riprende una manifestazione popolare in Polonia a difesa della memoria di Giovanni Paolo II dopo l'uscita del libro Maxima Culpa.


Pubblicato su Huffpost.it il 16 aprile 2023


bottom of page